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Una pioggia d'amore

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Mirabell
view post Posted on 9/1/2008, 14:16




SERIE:Original
PAIRING:Dovrebbe essere un R al massimo un nc.13
CAPITOLI:1 di ?

I personaggi sono tutti miei è di nessun altro *.* ho sempre sognato di dirlo :wub:,non sono esistiti ne esistenti(Ogni riferimento è puramente casuale)

UNA PIOGGIA D’AMORE


“Dannata pioggia,sembra quasi che tu mi segua!”. Fu questo quello che gridò Alexander, il primogenito del conte Victor,Valente De Lancaster,padrone indiscusso delle terre a sud di Izule un villaggio umano del regno di Jhennah circondato dall’immenso bosco di Darkwood,dove ora vi si trovava il figlio.
Victor era seduto alla sua scrivania a guardare la pioggia dall’enorme finestra del suo studio, iniziava a innervosirsi, conosceva il carattere del figlio, il suo agire prima di riflettere e nonostante Alexander fosse molto forte nei combattimenti, non riusciva a non preoccuparsi per lui. Sapeva che con questa pioggia la foresta era pericolosa, inoltre il novilunio presente quella notte avrebbe tolto i poteri magici alle creature di Darkwood , cosa che le avrebbe rese pericolose, visto che sentendosi vulnerabili avrebbero attaccato ogni forma di vita ostile, quindi suo figlio essendo una testa calda era in pericolo, avrebbe potuto commettere delle sciocchezze.
Già senza tutte queste scocciature la foresta era pericolosa perché popolata da goblin e orchi, esseri privi di qualsiasi sentimento, “Oh figlio mio,mio unico erede,se ti accadesse qualcosa sarebbe difficile rimpiazzarti”. Il conte Victor voleva bene al figlio ma amava il potere sopra a ogni cosa e l’unico modo per mantenere il potere, era quello di darlo al figlio.
Alexander intanto cavalcava nella foresta di Darkwood ignaro dei pericoli nascosti fra quelle radure, a causa della pioggia però non riusciva a orientarsi e con l’arrivo delle tenebre dovette arrendersi al tempo e iniziare a cercare un posto per passare la notte.
Erano passate alcune ore dall’arrivo del tramonto e quella era la notte più scura che il giovane conte avesse mai visto, era nera quasi come i suoi capelli, gli occhi grigio-azzurri del ragazzo vagavano di albero in albero sperando di non scorgere le bestie della notte.
Il giovane conte era arrivato ormai a luoghi a lui sconosciuti, la foresta con i suoi suoni e i suoi colori scuri sembrava aver risucchiato tutto il suo coraggio solo la mano sempre posata sulla sua spada gli impediva di tremare, il suo cavallo era sempre più inquieto mentre portava il suo padrone verso una radura in apparenza sicura, ma solo in apparenza, infatti dopo poco il cavallo nitrì impennandosi di colpo, qualcosa lo aveva spaventato, questo fu l’ultimo pensiero del conte prima di essere disarcionato dalla bestia, e di cadere a terra con il suo bagaglio.
Il giovane seppur spaventato dal gesto dell’animale, si alzò subito per raggiungerlo però un suono lo bloccò, un urlo mostruoso si stava espandendo nell’aria, un suono che non era umano, a quel rumore sarebbe fuggita anche un' intera armata, ma la curiosità del conte era più forte, anche se il terrore lo pervadeva a ogni passo lui non riusciva a fermarsi e proseguiva verso la radura.
Appena raggiunse allo spiazzo d’erba lo vide, un essere meraviglioso dagli occhi e dai capelli dorati era inginocchiato a terra, era un elfo, tutto il suo essere brillava a tal punto che anche nella notte più scura del mese si poteva vedere ogni suo lineamento perfetto.
Il conte fu distolto dai suoi pensieri solo grazie a un nuovo e ancor più orripilante urlo, il suono fece acuire i suoi sensi, permettendogli di vedere che l’elfo era ferito a una gamba e un goblin alto quasi tre metri si ergeva davanti a lui con sguardo minaccioso.
Quel mostro rivoltante stava alzando le braccia e le sue mani fornite di enormi artigli, stavano per colpire a morte l’elfo, i pensieri del conte scorsero come un fiume in piena, il colpo sarebbe andato a segno e il biondo non sarebbe riuscito a schivarlo, era indifeso con quell' enorme bestione, ma essendo un elfo l’altro ragazzo, ci si poteva aspettare di tutto, forse il suo intervanto sarebbe
stato inutile.
Ma quando la luce delle stelle illuminò il volto dell’elfo, il giovane Alexander vide quest’ ultimo chiudere gli occhi rassegnato al suo destino, e il suo corpo si mosse da solo.
Un suono stridulo riempì l’aria, simile al graffiare una lavagna, il conte tenendo la spada con entrambe le mani aveva bloccato l’attacco del goblin, si era parato davanti all’elfo che lo guardava stupito, con un ultimo colpo di spada, il conte decretò la fine del mostro mozzandogli la testa, la lentezza del goblin e la sua ira cieca erano stati un connubio fantastico per il conte ovviamente.
Lo scontro era finito e Alexander era l’indiscusso vincitore, quindi si avviò verso l’essere che gli aveva già rubato il cuore speranzoso in un bacio o almeno in un abbraccio.
Quello che ricevette però fu molto diverso, quando guardò verso l’elfo, si accorse che lo stava mirando…certo…ma non per corrergli fra le braccia, un arco gli brillava fra le mani e una freccia aspettava di essere scoccata, il conte non capiva il suo comportamento, lo aveva salvato no? E allora perché ucciderlo, non capiva, ma non riuscì a concludere i suoi pensieri perché l’elfo era caduto a terra svenuto.
A questo punto una persona saggia se ne sarebbe andata di corsa ma sappiamo bene che la logica non era il punto forte del conte, che caricatosi sulle spalle l’elfo raggiunse una grotta abitata da scaralucciole, animaletti che emanavano luce blu, erano tutte sul soffitto ed erano talmente belle che non si capiva dove finisse il cielo e iniziasse la grotta.
Alexander cercò di curare l’elfo con bende e erbe medicinali che aveva con sè, la ferita però era profonda e ci sarebbe voluto almeno un mese perché guarisse, a questi pensieri il giovane conte si addormentò prendendo fra le braccia l’elfo e coprendolo col suo mantello di pelliccia.
La notte passò stranamente tranquilla…
Alexander si svegliò all’alba e decise di legare il mantello al collo del biondino che dormiva appoggiato al suo petto, ovviamente gli ci erano voluti molti neuroni e una ciocca dei capelli dell’elfo trasportata dal vento sul suo volto per fargli capire che non aveva solo sognato il salvataggio della notte precedente.
Dopo poco, qualche movimento dell’elfo avvisò il conte del suo imminente risveglio cosa che mandò il ragazzo nel panico più completo, non sapeva come comportarsi, se il biondo lo avesse attaccato di nuovo cosa doveva fare, la sua testa era piena di domande ma l’unica cosa sulla quale era sicuro, era che non avrebbe abbandonato quell' essere stupendo.
Avrebbe preferito affrontare dieci goblin che una conversazione con un elfo però, era risaputo in tutto il continente di Jhennah quanto fossero dotti e furbi quegli esseri, e lui non era sicuramente all’altezza, questi esseri erano quasi immortali e passavano il loro tempo a studiare e a osservare il mondo passargli davanti, non era strano che fissassero per mesi un quadro o che cantassero per anni una poesia lui al solo pensiero di mettersi a studiare si addormentava, non sapeva che fare non aveva più tempo.
Ma il conte si rilassò quando si accorse che l’elfo si stava solo muovendo nel sonno, e non si sarebbe svegliato tanto presto, quindi ormai tranquillo il giovane conte fissava la grotta senza muoversi, non voleva svegliare l’altra presenza.
Il luccicare di un oggetto sul terreno però costrinse Alexander a concentrare lo sguardo su qualcos’altro che non fosse l’elfo, si mise a guardare l’arco di questi, che la notte prima se non ci fosse stata la fortuna dalla sua lo avrebbe ucciso.
L’arco era poggiato sul pavimento, sembrava d’argento ma nel sollevarlo il conte constatò che era molto leggero, questo prima che una mano candida gli afferrasse il polso un po’ tremante.
L’elfo si era svegliato di colpo per i movimenti bruschi del conte e gli stava stringendo il polso, ma anche se desiderasse mettere forza in quella azione l’elfo non ci riuscì.
Il conte che aveva sentito il tremore delle sue membra decise di non scostare la mano del biondo ma gli si avvicinò, e con la mano libera gli misurò la febbre, l’elfo era spaesato dal contatto della mano del giovane con la sua fronte, infatti si allontanò da lui velocemente stringendosi nel mantello, per poi gemere di dolore a causa delle ferite.
Quel suono però allarmò il conte che si avvicinò al biondo per cambiargli le bende, ovviamente il gesto era avventato e sciocco, il ragazzo non pensava neanche che quello che faceva poteva lasciare tempo all’elfo per attaccarlo.
Di fatto l’essere dagli occhi d’oro non aveva attaccato il conte solo per lo stupore, e lo fissava non capendo il suo comportamento, non poteva pensare che esistesse una creatura così ottusa nel regno di Jhennah.
Il biondo fissò il moro che finito il bendaggio lo guardò in maniera dolcissima prima di parlare “Stai bene?”, le parole dalla sua bocca uscivano sicure come se non si sentisse minimamente in pericolo, l’elfo era sempre più sconcertato non capiva che se voleva lo poteva polverizzare con un incantesimo?, il plenilunio ormai era finito, peccato che non possedesse incantesimi curativi…
Il moro dal canto suo non ricevendo risposta continuava a parlare “Te la sei vista brutta ieri notte, sarai scosso”, il continuo silenzio del biondino imbarazzava terribilmente il conte, che come accadeva sempre quando una persona gli piaceva continuava a parlare.
L’elfo alla fine più per esasperazione che per altro gli rispose, tutto pur di far fermare la voce del ragazzo che per lui in quel momento era solo un ronzio molto fastidioso…“sto bene”.
Quella voce profonda e sicura che non faceva trasparire nessun sentimento piacque molto al conte, che per risentirla avrebbe fatto qualunque cosa, quindi riprese a parlare “sei un elfo?” non era una domanda il moro lo sapeva bene, era un’ affermazione ma rimase deluso perchè l’elfo annuì semplicemente con un cenno del capo, quindi decise di ritentare “ma gli elfi non hanno poteri magici?”.
Il biondo gli lanciò una sguardo allucinato si sentiva come un padre a cui il figlio dopo una risposta continuava a dirgli perché, quindi decise di prendere l’iniziativa per zittire il ragazzo dagli occhi grigio-azzurri “Sì ma nelle notti di novilunio non possiamo compiere magie, solo per questo quel putrido goblin è riuscito a colpirmi”.
Il conte era rimasto estasiato, non solo era riuscito a fargli dire più di quattro parole in fila ma aveva fatto intuire al biondo cosa volesse sapere.
L’elfo grato del silenzio concessogli si beò della morbidezza del mantello che lo copriva ma si riscosse subito, lui non aveva un mantello quella era un oggetto usato dagli umani, quel ragazzo strano lo aveva riscaldato per tutta la notte, inoltre lo aveva salvato la sera prima senza nemmeno conoscerlo, rischiando la sua vita per lui che non si era neanche degnato di ringraziarlo, inoltre non gli aveva chiesto nulla in cambio e adesso con un sorriso gli stava porgendo il suo arco, gli stava dando fiducia…come era possibile che fosse così avventato?.
L’elfo non capiva se quell' essere fosse stupido o ingenuo, neanche lo conosceva e gli porgeva un arma…il conte vide lo sguardo dubbioso dell’elfo ma non vi fece caso e gli avvicinò ancora di più l’arco in modo che potesse prenderlo, ma fu sorpreso dalla voce del biondo “Potrei attaccarti, perché pur sapendo questo mi dai un arma?La tua è superbia?Pensi di poter evitare una freccia da questa distanza?”.
Il conte incatenò con lo sguardo l’elfo prima di rispondergli con voce sicura “No, solo penso che tu non abbia ragioni per attaccarmi giusto?”.
L’elfo ricevendo un sorriso disarmante non sapeva più che fare e afferrò il suo arco con la faretra e rispose un flebile “sì”.
Incoraggiato dalla risposta il conte continuò la discussione “come mai ti trovavi cosi vicino alle terre umane?” chiese prima di ricevere una risata da parte dell’elfo che rispose sbuffando “Non hai molto senso di orientamento è?.Guarda che siamo a molti acri dalle terre umane, quindi ti sei perso”.
Il moro si sentì offeso e rispose con furia “Solo per colpa della pioggia mi trovo qui!E per il casino di ieri altrimenti non avrei mai superato la radura” disse il tutto in un fiato arrossendo.
L’elfo era stupito per l’ennesima volta, non aveva mai visto un essere fatto solo di emozioni come quel ragazzo, erano molti anni che non gli veniva da ridere di gusto, si sorprese nel pensare che fosse carino quando arrossiva quell' uomo, quindi tentò di alzarsi per avvicinarsi a lui ma la gamba cedette sotto il suo peso,ma nonostante questo non cadde a terra grazie a una presa del moro che poi lo rimise seduto, l’elfo lo guardò e decise che avrebbe ripagato almeno in parte l’enorme debito che aveva con l’umano “Ti riaccompagnerò quando sarò guarito, ma dovrai aspettare…sei un tipo orgoglioso ma non esagerare a volte non serve”.
Ecco mi sono beccato pure una ramanzina pensò il moro, uffa ma non doveva essere una cosa semplice come nei libri: salvataggio uguale amore, mi sono preso pure la principessa scorbutica.
Appena finiti i pensieri, il moro si rese conto di che cosa gli era stato detto prima della ramanzina e felice fece una domanda “Visto che staremo un po’ qui mi diresti il tuo nome?”.
Lo sguardo speranzoso del ragazzo deliziò l’elfo che gli disse di chiamarsi Joshuah e gli chiese il suo nome.
Alexander non disse il suo nome vero per intenderci, anche se non era una volpe di furbizia, aveva sventato sedici rapimenti durante la sua vita, quindi non gli disse di essere una persona importante del regno umano, non perché non si fidasse, solo perché era un' abitudine.
I giorni al fianco di Joshuah passavano veloci, troppo veloci, è sempre così quando si è felici…le ore diventavano minuti i minuti secondi, quando non sono con lui perché caccio o perchè cerco acqua e frutti vorrei che Joshuah stesse con me, ma se penso che presto guarirà, mi spavento il pensiero che possa andarsene ormai mi tormenta ogni notte questo pensiero…quando mi dividerò da lui il mio cuore smetterà di battere?E' strana come cosa, ma la sento nel profondo questa idea.
Sarà un secolo che non sono così felice penso invece Jhoshuah, mi piace stare con Alexander ma so bene che non potremo stare insieme ancora per molto, oggi gli parlerò e vedrò di spiegargli anche della notte che mi ha salvato, eccolo sento i suoi passi è tornato ha con se della frutta.
Eccomi finalmente non potevo più stargli lontano, ha detto che mi deve parlare e io sto tremando, mi devo controllare andrà tutto bene, so che quello che provo è sbagliato per primo mio padre non accetterebbe mai un figlio che non gli desse dei nipoti ma io…non posso fare altro che desiderare questo uomo…mi siedo davanti a lui e mi preparo ad ascoltarlo.
Alexander è teso non pensavo che mi capisse già così bene “Tornerò a casa domani la gamba è guarita e questa notte c’è il novilunio devo andare” il suo sguardo mi strazia il cuore è disperato non posso tacere ancora “Non è per mia volontà che vado” però le mie parole hanno l’effetto contrario di quello che volevo e Alexander inizia a piangere, tra i singhiozzi riesco a capire cosa dice, “perché l’hai detto!Se fossi stato zitto forse avrei potuto rinunciare a te ma adesso io so che non posso vivere senza averti al mio fianco!”.
Urla le ultime parole, tutto quello che dice però assomiglia più a una litania, a una muta preghiera che a un urlo,non so cosa fare devo dirgli tutto non avrei voluto, una lacrima solca il mio viso sempre inespressivo e poi lo confesso “Alexander tu non dovresti stare con me è pericoloso, la notte che mi hai salvato io dovevo morire” lo fisso tristemente lui si alza guardandomi interrogativo e io continuo “Gli elfi predicono il futuro con la pioggia, la pioggia aveva decretato la mia fine per mano di quell' essere, ora mi starà cercando l’esercito elfico e forse anche quello umano per uccidermi, ma io non li odio, so che le profezie non sbagliano mai, sono stato felice con te” .
Alexander non mi lascia finire, ora è furioso e sta gridando “Non è possibile io ti ho dimostrato che sono tutte cose idiote le profezie!Tu sei qui, sei vivo e sei con me, io sono disposto a tutto per stare con te anche a rinunciare al mio regno, alla mia vita a tutto ciò che posseggo e che potrò mai avere non lasciarmi!”, piange ancora, piange e urla, urla e piange poi mi abbraccia e mi confessa i suoi sentimenti “Io mi sono innamorato di te anche prima di salvarti, Joshuah non andare via!”.
Gli ho confessato tutto il mio amato biondo si avvicina a me, ma so già che la mia preghiera non sarà ascoltata, si avvicina e dice solo “Sei uno stupido, lo sei sempre stato per innamorarti di uno come me” e detto questo mi bacia per una volta sono io quello stupito.
Passiamo la notte insieme, lui continua a dirmi che mi ama e io glielo ripeto di continuo ma il mio cuore è inquieto, alla fine ci addormentiamo stremati e senza forze.
Io però non posso fare a meno di pensare che questa sarà la nostra prima e ultima volta, Joshuah mi darebbe dello stupido a vedermi pensare queste cose mentre guardo la pioggia cadere all’entrata dalla grotta…sono fra le braccia di Joshuah ora, lo guardo dormire è bellissimo, ma un rumore mi fa sussultare mi giro verso l’entrata ma vengo colpito alle spalle da qualcosa e svengo, non so cosa accadde dopo...
Mi risveglio nel letto del mio palazzo e sbianco, il terrore mi attanaglia lo stomaco perché sono nella mia stanza dov’è Joshuah?, corro nella stanza in camicia da notte, poi vedo mio padre che mi aspetta fuori e urlo contro di lui “Padre ditemi subito dove si trova l’elfo che era con me!!!” lui mi fissa per qualche secondo ma il mio sguardo non accetta nè silenzi nè bugie e lui lo sa bene.
Ma inconsciamente so già la risposta “Sta per essere ghigliottinato Alexander il regno elfico ha chiesto il nostro aiuto per catturarlo, il destino non può fermarsi per una vita…Alexander senti” non fa in tempo a parlarmi perché inizio a correre verso la piazza delle esecuzioni, fa freddo, la pioggia mi colpisce ferendomi ma la ignoro e continuo la mia corsa contro il tempo.
Raggiungo la piazza e lo vedo è già in ginocchio sul patibolo, il boia sta sollevando la ghigliottina la folla tace e aspetta quello che avverrà, ormai ho capito che non posso fare nulla e urlo con tutta la forza che ho “Joshuah ti amo!!!” poi la lama cade e la folla esulta grida sotto questa pioggia, perché è successo perché!
Non riesco più a fare nulla neanche a pensare il mio cuore se nè andato con lui,mentre il mio corpo cade in ginocchio sul terreno con un ultimo sentimento nel cuore, l’unico rimastomi, alzo la testa e con odio mi avvicino a un gruppo di elfi che si sta allontanando, mi avvicino e afferro uno di loro per il colletto, il mio odio esplode mentre gli parlo “Come avete potuto permettere una cosa simile era uno di voi no!?!” lui sembra colpito dalla mia reazione per un momento spaventato poi mi allontana da sè con la sua forza millenaria e parla, “Il destino aveva già decretato la sua fine”. Ormai non sono più padrone di me stesso non sento nulla, non percepisco nulla, mio padre ora è vicino a me mi sta parlando io non sento più nulla però, prima che gli elfi se ne vadano faccio una domanda “Ditemi…per me che cosa ha decretato il vostro destino?” l’elfo che avevo aggredito mi fissa e parla “Di solito ai mortali non è concesso sapere, ma per te farò un eccezione, tu vivrai fino a tarda età e la tua progenie porterà onore e gloria al tuo popolo, quindi non essere triste” mi allontano credo che mio padre abbia ringraziato l’elfo che in risposta gli ha detto “Non c’è nulla di cui ringraziarmi è il destino che sceglie per noi”.
Io non so più che cosa sto facendo, ora il sole picchia su di me ma le nuvole sono presenti nel cielo, sto salendo una scala…la scala della torre più alta del castello, dovrei essere stanco ma non lo sono il mio corpo ormai non è più mio, sono giunto in cima della torre e salgo su un torione quadrato.
Per me non c’è più posto senza di lui non ha più senso la mia esistenza, guardo l’orizzonte e mi sembra di vederlo apro le braccia, il vento soffia tra i miei capelli e io sorrido alla sua immagine formata nel cielo e poi urlo “Hei!Anche questo era previsto!!!” poi sorrido e mi lancio fra le braccia del mio amore, a seguirmi c’è solo una piccola e solitaria goccia di pioggia che non ha voluto lasciarmi solo.
Il castello è in lutto la scomparsa del giovane Alexander non era prevista da nessuno, anche gli elfi erano giunti a palazzo, Valter si avvicinò a colui che aveva predetto il destino del figlio “Avete sbagliato predizione re Inmaar” l’elfo assorto nei suoi pensieri dice più a se stesso che al conte Valter “A quanto pare neanche il destino può dividere le persone follemente innamorate, come non può controllare ogni singola goccia di pioggia”.
 
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